Una promessa è d’obbligo: la strada per il pieno decollo dell’idrogeno in Italia non è in discesa. Tanto che il governo, con il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sta cercando di comporre tutte le tessere del complesso mosaico dello sviluppo di questo vettore. Con l’obiettivo di renderne competitivo il costo, che sconta enormi differenze nelle diverse varianti dell’idrogeno (dal grigio, prodotto da fossili, al “blu” che combina il primo con la cattura e lo stoccaggio del carbonio, al “green”, generato attingendo alle rinnovabili). Non a caso, l’ultimo tassello messo in pista, la Strategia nazionale dell’idrogeno, presentanei giorni scorsi dal titolare del Mese e nella quale sono tracciati tre scenari di diffusione a seconda della maggiore o minore penetrazione del vettore, punta a implementare misure per facilitare la realizzazione dei primi progetti di produzione di idrogeno previsti dal Pnrr e che dovranno essere operativi entro il 2026.
Una deadline molto stretta, su cui gli operatori – si veda anche altro articolo in pagina – hanno acceso da tempo un alert, preoccupati che il tempo a disposizione sia troppo risicato per dare un seguito concreto a progetti assai complessi come l’intera partita dell’idrogeno. Che, nel Pnrr, può contare, come noto, su 2,9 miliardi di finanziamenti distribuiti tra sei linee di investimento (hydrogen valleys, utilizzo dell’idrogeno ne settori hard to abate, elettrolizzatori, ricerca e sviluppo, sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto ferroviario e per quello stradale), di cui il grosso (oltre 2,2 miliardi di fondi) in capo al ministero dell’Ambiente. Dove a seguire il cronoprogramma con estrema attenzione è l’unità di missione Pnrr diretta da Fabriio Pena e impegnata a declinare il dedalo di obiettivi e tappe intermedie dei 4 interventi del Mese. Una traiettoria articolata, dunque, che, se si guarda allo stato d’avanzamento delle singole misure, non registra al momento particolari ritardi. Ma la messa a terra dei progetti è di là venire, mentre procede senza particolari intoppi la parte di predisposizione del quadro normativo che dovrebbe portare alla fase attuativa. È così, per esempio, per la misura dedicata alla costruzione degli elettrolizzatori dove le risorse sono distinte in tre rivoli (uno dei quali è rivolto al sostegno della realizzazione di Ipcei, gli importanti progetti di interesse comune europeo) e dove, tra svariati step, si è arrivati a una prima selezione di progetti che dovranno garantire una catena del valore dell’idrogeno.
Rispetto al capitolo degli hard to abate, che annovera un miliardo di risorse – per sostituire almeno il 10% del metano e dei combustibili fossili utilizzati nei processi produttivi di questi comparti -, l’importo finora concesso è di poco più di 10, 1 milioni dopo la firma dell’accordo, a monte del percorso, con i titolari dei progetti selezionati per promuovere la transizione dal metano all’idrogeno verde. Passaggio non semplice, tanto che il Mase ha messo a disposizione dei soggetti attuatori un supporto ad hoc, anche per assicurare una corretta predisposizione della attività amministrativo – legali legate all’investimento.
Altra partita non agevole è quella della produzione di idrogeno in aree industriali dismesse (le cosiddette hydrogen valleys9, dove l’assist del RepowerEu consentito di aggiungere ai progetti finora finanziati (48), ulteriori 9 per un totale di 57 proposte volte alla produzione di idrogeno rinnovabile in aree industriali dismesse, che dovranno consentire di traguardare i due target relativi alla misura (almeno 10 progetti di produzione con capacità media di 1-5 megawatt ciascuno il primo e di 2 progetti aggiuntivi per il secondo), entrambi da completare entro il 30 giugno 2026. Mentre, sul fronte della ricerca e dello sviluppo, per quella data l’Italia dovrà aver svolto almeno dieci progetti, uno per ciascuno dei quattro filoni previsti (dalla produzione di idrogeno verde e pulito alle tecnologie innovative per lo stoccaggio e il trasporto di questo vettore). E qui, fa sapere il Mase, sono stati già adottati i provvedimenti di concessione a favore dei titolari dei progetti giudicati ammissibili ed è in fase iniziale l’attività realizzativa.
Insomma, qualcosa si muove sul versante dell’attuazione. Ma, con una deadline così stretta, il rischio che gran parte dello sforzo resti sulla carta è concreto, come ha evidenziato di recente anche l’Osservatorio sul mercato internazionale dell’idrogeno della società di ricerca Agici che ha passato al setaccio il pacchetto Pnrr sull’idrogeno partendo dai 2 miliardi di risorse già approvate per 145 progetti. <<Il mercato dell’idrogeno stenta a decollare – spiega al Sole 24 Ore il direttore dell’Osservatorio, Stefano Clerici -: nessun progetto Pnrr messo a terra, scadenze stringenti difficili da rispettare e insostenibilità economica dei business model sono segnali allarmanti che frenano il settore. Auspichiamo che l’introduzione di un meccanismo incentivante a copertura dei costi operativi, annunciato negli scorsi mesi, insieme alla recente strategia nazionale possano contribuire all’effettivo sviluppo del mercato in Italia nei prossimi anni>>.
Fonte: Il Sole 24 Ore