Dal web developer al software engineer. Dal data scientist allo specialista in sicurezza informatica, passando per l’ingegnere DevOps e per il business analyst. La rivoluzione digitale sta orientando le selezioni, e tra gennaio 2023 e agosto 2024 sono stati pubblicati su Linkedin ben184mila annunci di lavoro, con le aziende stabilmente a caccia di competenze Ict. Una richiesta ormai trasversale, non più appannaggio delle sole aziende IT, ma anche di altri settori, dalla consulenza e assistenza all’ingegneria e costruzioni, dal manifatturiero ai servizi, all’energia.
La nota dolente è che anche per queste digital skills, oggi centrali per spingere innovazione, lavoro e produttività, la carenza di talenti è elevatissima, visto che l’offerta formativa fatica a soddisfare le richieste del mercato. Un mismatch che viaggia stabilmente tra il 50 e il 60 per cento (fonte Excelsior).
È l’Osservatorio sulle competenze digitali 2024, realizzato dalle quattro principali associazioni nazionali rappresentative del settore Ict, Aica, Anitec-Assinform, Assintele Assinter Italia, in collaborazione con Talents Venture, che viene presentato oggi a Roma, a fotografare un settore strategico dell’occupazione di frontiera. Le competenze chiave includono SQL-richiesto in quasi 25mila annunci- e linguaggi di programmazione come Java, Pythone JavaScript. In crescita è la domanda di soft skill: oltre 15mila annunci citano il project management come una competenza fondamentale, segnalando la necessità di figure capaci di coniugare abilità tecniche e organizzative.
A spiccare è anche l’intelligenza artificiale. Tra gennaio 2023 agosto 2024, oltre 21mila annunci di lavoro hanno menzionato skill relative all’la, con un incremento del 73% rispetto ad agosto 2023.Ancora più significativo è il boom delle richieste specifiche per strumenti di IA generativa, come “ChatGPT”, “Claude” o “Pytorch”: gli annunci dedicati sono quasi quadruplicati rispetto all’anno precedente.
<<La richiesta di professionisti Ict- ha sottolineato Antonio Piva, presidente di Aica – è stabile su livelli elevati, ma il sistema formativo tradizionale fatica a tenere il passo. In questo scenario, il nostro impegno si concentra su tre direttrici principali: la promozione della consapevolezza delle competenze digitali possedute o meno attraverso strumenti di assessment diffusi, la valorizzazione delle certificazioni digitali come standard riconosciuti a livello internazionale e il rafforzamento di un’offerta formativa specifica e di qualità, tramite la rete di centri ICDL presenti sul territorio». «Investire nello sviluppo delle competenze digitali significa formare professionisti capaci di utilizzare, gestire e sviluppare soluzioni fondamentali per l’innovatività e la competitività delle imprese. La nostra ricerca evidenzia come le skills tecniche siano valorizzate da competenze trasversali: dal pensiero analitico al problem-solving, fino alla visione strategica. Per questo è essenziale promuovere percorsi educativi che coniughino queste due dimensioni, preparando concretamente al lavoro», ha aggiunto Ludovica Busnach, vicepresidente Anitec-Assinform con delega alle digital skills per la crescita d’impresa e l’inclusione.
Il punto è che il sistema della formazione terziaria si muove verso il digitale, ma a passo troppo lento. I laureati in ambito Ict sono aumentati del 7%nell’ultimo anno: un dato incoraggiante ma insufficiente, dato che rappresentano solo il 6% del totale. Sul fronte dell’offerta formativa il progresso è limitato: dei 166 nuovi corsi approvati per l’ultimo anno accademico, solo il 16% riguarda ambiti Ict. Anche gli Its Academy continuano a registrare un impatto limitato in ambito Ict: su 349 percorsi monitorati nel 2022, solo 50 sono specificamente dedicati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nonostante le domande di iscrizione siano aumentate del 36%, il numero di partecipanti resta basso. Se a tutto ciò aggiungiamo che da noi meno della metà della popolazione in età lavorativa (46%) possiede competenze digitali di base e solo il 22% raggiunge un livello avanzato, ben al di sotto della media Ue, che siano indietro anche sulla digitalizzazione dei servizi pubblici rivolti a cittadini e imprese, ce n’è abbastanza per accendere una spia rossa.
<<In un contesto come quello attuale, è necessario investire perché tutte le imprese siano in grado di trovare i professionisti di cui hanno bisogno – ha commentato la presidente di Assintel- Confcommercio, Paola Generali-. Nello specifico, le Pmi del digitale hanno sempre più bisogno di professionisti specializzati ma non hanno le risorse per formarli internamente, a differenza delle grandi imprese. Per questo occorre rivedere tutto il sistema scolastico, e puntare sull’orientamento». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Assinter Italia, Pietro Pacini: «la formazione è un elemento chiave per essere competitivi – ha dichiarato -. Le Academy aziendali si rilevano una risorsa molto preziosa in quanto da un lato garantiscono formazione continua e mirata ai dipendenti permettendo di valorizzare il loro percorso professionale, dall’altra parte, guardando ai giovani professionisti, rappresentano un ponte tra formazione e lavoro».
Fonte: Il sole 24 Ore